Omologazione non richiesta

La pagina deve essere bianca e il segno scuro. L'idea deve contenere un sogno che sconfini nella passione, la memoria deve avere il coraggio di esistere. Il blogger deve credere di possedere la scrittura: solo così i segni sulla pagina vivranno più a lungo di lui.

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Località: Sicilia, Italy

Scrissi molto e a lungo. Inutilmente poi ho atteso risposte che non arriveranno mai. Scrivo ancora per ricordarmi d’esistere e fermare il suo sapore. Ho deciso di lasciare visibili tutti i commenti, sono parte del blog.Non riuscirò mai a conciliare l’inconciliabile e non c’è più tempo comunque: attraversare tante vite e tanti territori mi ha arricchito e spogliato allo stesso tempo ed io sono siciliano, quando rido ho dietro l’ombra della morte e dell’inutilità, se piango lo faccio di nascosto davanti al mare, l’unico interlocutore assoluto che conosco. Sono figlio dell’ alta borghesia colta palermitana, cresciuto a pane e letteratura, ad urla e silenzi, a scirocco e nebbie lombarde, a Mozart e beat generation: per lungo tempo ho creduto che fosse possibile vivere tutte queste sinapsisenza strappare la tela della mia vita. E’ una menzogna. OMOLOGAZIONE NACQUE NEL 2008 questa era il suo incipit e questo il suo template originale. Resterà tale, è una questione di affetto.

giovedì 11 settembre 2025

NON TORNERAI, IL CAPITARE DEI GESTI -

Potrebbe sembrare un ritorno, ma non tornerai. So che non sarà così. Siamo altrove, qui solo le orme fuggevoli di un pensiero, di un’idea. Non tornerai ma sarebbe stato bello il contrario, distruttivo forse ma luminosamente bello. Sai quanto è facile slittare fra le pieghe della propria vita: ho troppe note in testa e quasi mai una dominante. Vorrei riderne, con te più che con altre, con te per un antica intesa lucida e cristallizzata nel tempo. Sai quanto è facile percorrere il labirinto dei nostri giardini segreti per ritrovarsi poi davanti alla spiaggia che amammo da ragazzi e dire, in silenzio, eccomi, sono pronto. Ho sospeso molte mie pagine per una crisi di “snobismo culturale”; quando ritroverò la sciocca pretesa di farmi capire dagli altri riaprirò le danze. Perchè, tu lo sai, danzare mi piace moltissimo, è connaturato al mio spirito e non potrei farne a meno; questo è il motivo del mio scrivere, un limbo preciso e solitario, conficcato dentro l’epistolario fra noi e il nostro sogno. Sei rimasta la custode del mio tempo sulle righe, l’unica che legge senza guardare ed osserva la mia consapevolezza immobile. Chiedo di te ai simulacri del ricordo ed invece dovrei farlo direttamente con una ragazza che, studiando, si è nascosta dentro il suo involucro di crisalide. Ti vedo bellissima camminare fra le nuvole di cui conosci senz’altro l’essenza e, talvolta, l’amarezza. La tua storia, quella che solo tu puoi raccontare, la scriverai quando sarai tornata una bambina lontana e non la donna inquieta di oggi. Vorrei essere ancora in vita per poterla leggere: forse avrei anche l’ardire di correggerla per poi riderne assieme. Forse potrei goderne pensando che in essa c’è anche una parte di me come sempre accade agli intelletti che s’incontrano. Ho sempre un giorno prossimo davanti, sarà uno di quelli da leoni, me lo ha detto una stella ieri sera ed io le ho creduto. Il capitare dei gesti non è cosa da poco, accade poi che diventi il tuo gesto, diventi la traccia che non conosci, il passo che non vedi e che lasci quando ti affidi all’ora che ti riporta a casa e chiudi la porta su quel che non sai. Stavolta la stazione è veramente deserta mia signora. Pare che niente e nessuno abbia mai sfiorato queste pareti e guardato questi binari, ma io so che non è così. Da ogni testamento si esce a nuove dimensioni e il tempo di risorgere può crescere in modi insospettabili. Sto annusando la scia della fragranza sottile che hai lasciato dietro di te. Porta molto lontano. Un giorno mi dissero che era stupido soffrire: me lo disse uno sciocco sempre allegro che temeva la sua fine ma il dolore è un tempo diverso dentro i nostri giorni, un filtro severo e impietoso che riporta l’esistenza ai suoi colori originali. Leggendoti lentamente pensavo anche che il dolore è ottima letteratura e silenzi colmi di sè…non sono certo che esso non si possa condividere ma capirti è un dolore prezioso, vorrei che fluisse per sempre. E' certamente la proiezione dei nostri desideri ma solo la prima parte di essa, un’anteprima; col tempo l’amore ci acquisisce al significato profondo del nostro desiderio ed è così che possiamo “essere” oltre il desiderio. Da quel momento in poi lo specchio ci rimanda anche facce del nostro istinto che prima erano celate dalla passione tout court. Ricordi il Caravaggio? Il Merisi, in fondo, cosa faceva? Portava la luce di dentro fuori…e il mondo vedeva aspetti che aveva sempre sotto gli occhi ma senza quella luce erano invisibili. Un solo attimo fissato sulla retina a suggellare un patto non scritto, una consuetudine che ci fa antichi e soli. In fondo è un miracolo anche questo.

domenica 31 agosto 2025

RITROVARSI –

– Guarda che sto male. 
– Non sai amare diversamente? 
– No e non lo dici sul serio. Vedi? E’ una vertigine e non ho nemmeno la forza di baciarti. 
Attendevano da venticinque anni il ritrovarsi. C’era il caldo di fine estate, quello di una sera che recita le solite litanie di fine stagione. Ogni volta sono sempre di meno, devi trovarci un senso diverso magari rinforzandole con i ricordi di quelle trascorse. Ma fa male…almeno un po’. Conosceva quella casa all’ultimo piano e la grande terrazza col panorama verso il mare e le stelle. Si, la conosceva bene anche se talvolta si era camuffato da viandante distratto. Conosceva le intime fibre di quelle pareti, adesso muovendo i suoi passi in corridoio le voci e i volti ricomparivano tutti ad uno ad uno. 
– Guarda che sto veramente male e devo nasconderlo. 
Non aveva particolari ritrosie per la socialità, dipendeva dal momento e dal luogo, che fossero un palcoscenico adeguato alla recita che egli proponeva. Ma gli altri lo sapevano? Gente così, nè bene nè male ma anche lui in fondo era allo stesso modo. Fuori, perchè nell’intimo c’era un abisso profondo e sconosciuto ai più, lui lo aveva difeso sempre a denti stretti. Sul divano in sala da pranzo stava seduta la signora, la rivedeva come l’ultima volta dieci anni prima, con quel suo sorriso aperto e il piacere di rivederlo che mostrava ogni volta. Risentiva la sua voce e i discorsi tra loro: parlava con lei ma nel cuore c’era la figlia e stimando un improprio eccessivo l’avvicinarsi a quella riempiva con la madre il colloquio di metafore e attenzioni. La signora avrebbe compreso? Certamente sì ma ormai era tardi anche per quello: due sole interlocutrici ed una era morta da qualche anno. 
Attendeva da venticinque anni il ritrovarsi. 
– Vorrei che parlasse il silenzio tra di noi. Vedi? E’ una vertigine… 
Poggiato sul muretto della terrazza guardava quella parte di città perdersi nel buio della sera, il confine della costa era segnato dalla lunga fila di fanali lungo il litorale. Il mare oscuro, sconfinato dentro la terra indefinita, una metafora perfetta. Poteva usarla ancora, anche lì anche in quel momento mentre qualcuno degli invitati parlava con lui ed egli conversava amabilmente del solito più o del solito meno. Doveva farlo altrimenti le eco di prima lo avrebbero inghiottito. Scivolò in compagnia lungo la parte più larga della grande terrazza e disse molte cose, dimenticandole immediatamente dopo. Si faceva attraversare dai ricordi e non si capacitava come gli altri non se ne rendessero conto, lui si sentiva nudo. Totalmente nudo. Attendeva da venticinque anni il ritrovarsi. 
Il suo personale cerchio vitale girava attorno a lui e a quella casa ma mancava una fotografia; lo aveva notato all’ingresso. Lei giovanissima in costume immersa nell’acqua bassa e trasparente di un mare amico. Tutto il resto era al suo posto ma la foto non era più appesa nel corridoio tra il bagno e la cucina. Sembrava un addio crudele. Naturalmente la chiamata alla realtà del sedersi a tavola arrivò nel momento meno opportuno ma lui si domandò cosa ci fosse di opportuno quella sera, quanti minuti si sarebbero potuti confrontare col desiderio di allora. Occhi chiari gli sorrise, un attimo ad attraversare lo spazio, una virgola e una sospensione. La sera era diventata ormai notte e il cibo era buonissimo. Riuscì a trovare posto a tutte le chiacchiere, le risa, i bicchieri e le posate: ogni cosa al suo posto sul tavolo e in questa vita. Lui perennemente estraneo. 
– Guarda che sto male…dimmi che saremo insieme almeno in quell’altro modo. 
Scenografia perfetta, attori raffinati, sipari aperti e chiusi: il mare, la pesca, i ricordi…la sua morte era scritta in quel copione? Attendevano da venticinque anni il ritrovarsi. Occhi chiari non c’era, il resto sì, il cielo era sereno, la casa benevola, si alzò ed entrò in casa al momento giusto perchè nella sceneggiatura quella era una parte, che non prevista, non sarebbe mai stata pubblicata. Lo sapeva benissimo. Non cercava nulla adesso, gli bastava frusciare tra i libri della madre e i dischi del padre, quanto tempo era passato? Tre o quattro decenni, tre o quattro vite o solo una, la sua, in attesa di una degna conclusione? Attraversando il corridoio la vide con la coda dell’occhio in cucina, proseguì e chiese con naturalezza del bagno. 
– Certo, è lì a destra, lo sai – gli si avvicinò e con aria complice gli fece cenno di seguirla. Aprì la porta dell’ultima stanza in fondo e gli mostrò la foto appesa sulla parete. 
– Eccola, guarda- 
Non riuscirono a dire altro. In due metri quadrati seguirono il loro destino perchè non c’era nient’altro da fare e fu lei a tirarlo verso di sè, a poggiare le sue labbra sulla sua bocca. Attendevano da venticique anni il loro inizio e stringendosi l’uno sull’altra non desideravano altro che quel lunghissimo bacio: senza altro che il sogno segreto che avevano custodito per sempre. La notte infinita scivolava su di loro, la casa li guardava silenziosa.