La pagina deve essere bianca e il segno scuro. L'idea deve contenere un sogno che sconfini nella passione, la memoria deve avere il coraggio di esistere. Il blogger deve credere di possedere la scrittura: solo così i segni sulla pagina vivranno più a lungo di lui.
Scrissi molto e a lungo. Inutilmente poi ho atteso risposte che non arriveranno mai.
Scrivo ancora per ricordarmi d’esistere e fermare il suo sapore. Non riuscirò mai a conciliare l’inconciliabile e non c’è più tempo comunque: attraversare tante vite e tanti territori mi ha arricchito e spogliato allo stesso tempo ed io sono siciliano, quando rido ho dietro l’ombra della morte e dell’inutilità, se piango lo faccio di nascosto davanti al mare, l’unico interlocutore assoluto che conosco.
Sono figlio dell’ alta borghesia colta palermitana, cresciuto a pane e letteratura, ad urla e silenzi, a scirocco e nebbie lombarde, a Mozart e beat generation: per lungo tempo ho creduto che fosse possibile vivere tutte queste sinapsi
senza strappare la tela della mia vita. E’ una menzogna. OMOLOGAZIONE NACQUE NEL 2007 questa era il suo incipit e questo il suo template originale. Resterà tale, è una questione di affetto.
Mia madre non voleva e probabilmente aveva ragione ma a casa entravano mediamente una decina di libri al mese che si andavano a aggiungere ai molti già presenti nella grande libreria di noce che campeggiava in salotto. All’età di dieci anni avevo a disposizione un gran numero di testi: favole, romanzi d’avventura per ragazzi ed altro ancora. Che bisogno c’era di dedicarsi alla letteratura più adulta? Nessuna, ma era esattamente quella che mi attirava, in fondo il senso del proibito è una molla fortissima per avventurarsi verso l’ignoto.
Così riuscii appena lasciata la fanciullezza ad agguantare testi che non erano esattamente digeribili per un ragazzino di dodici anni: Svevo, Pirandello, Leopardi, Levi, Lampedusa, Deledda, Serao ed altri ancora. Facevano tutti a pugni con i fumetti dei miei coetanei, in realtà parlarne mi escludeva da quei consorzi umani, se volevo entrarci era meglio aggiornarmi su Tex Willer, Diabolik e cose simili. Mi aggiornai.
Però alcuni testi sfuggivano alla mia ricerca personale: di giorno prima di pranzo li intravedevo su un ripiano e un’ora dopo non c’erano più e sapevo bene che chiederne conto sarebbe stato peggio; a me dovevano bastare il diario di Anna Frank oppure il Calvino del Barone rampante, il Copperfield di Dickens o il Taras Bulba di Gogol.
Dostoevskij era lontano, Poe molto più vicino e Cervantes francamente poco comunicativo per me.
Erano gli anni dei primi pruriti, dei Playboy nascosti in cantina, dei profumi delle ragazze e di certe vertigini incontrollabili; Cesare era in agguato. Nel 1965 il primo anno di liceo mi schiuse orizzonti nuovi e vertigini ancora più inquietanti: la consuetudine con certa letteratura mi aiutò molto a non affogare del tutto dentro le ideologie, dentro una violenza e una voglia di contrapporsi micidiale. Ero un sognatore acceso e nulla sapevo dei sogni.
A Tiziana parlavo del sud in Piazza Duomo, lei mi rispondeva ma io guardavo le sue cosce sperando che non se ne accorgesse. Guardavo il futuro senza saperlo, immaginavo una costruzione perenne, una solidarietà di intenti che avrebbe obbligatoriamente condotto a un nuovo mondo e a una nuova umanità, fermo restando il fascino imprescindibile delle ragazze.
Poi un pomeriggio di novembre in una città inghiottita dalla nebbia, dietro un buon numero di libri di Croce, mentre pensavo di trovare il modo di incontrare lei in altro modo eccitandomi più del dovuto, mi trovai tra le mani “ Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”.
Non saprei ancora dire se fosse quello il momento adatto per incontrare Cesare Pavese ammesso che ce ne sia uno adeguato, l’unica cosa che so è che lo rilessi più volte sussurandolo. Non scesi muto nel gorgo, la giovinezza era più forte ma guardare dal ciglio di quell’abisso fu un’esperienza indimenticabile che negli anni è tornata più volte a ricordarmi la fine dentro qualsiasi inizio. Capii anni dopo perché mia madre mi tenne lontano il più a lungo possibile da quel contesto e provare poi a usare altri testi, in quegli anni di rivoluzione permanente, a usare la Casa in collina e il Mestiere di vivere non servì ad allontanare il presagio di un amore impossibile, l’unico che alla fine mi è appartenuto.
Oggi se rileggo quei versi sono asciutto, oggi posso anche farli miei, oggi la poesia non mi distrugge la vita ma nemmeno mi aiuta: Cesare si suicidò, io vivrò finchè è possibile, sono passati troppi anni da quell’agosto del 1950 ma che il desiderio di Costance possa aver causato una simile terribile meraviglia è una sorpresa che mi attraversa ancora da quel novembre dei miei primi quindici anni.
La poesia è sempre rivelatrice dell'anima di una persona. E poi sa anticipare gli eventi, da te sintetizzati con questa immagine davvero potente: "guardare dal ciglio di quell’abisso fu un’esperienza indimenticabile che negli anni è tornata più volte a ricordarmi la fine dentro qualsiasi inizio". Tiziana sta a Enzo, come Constance sta a Cesare. Bella questa tua comparazione. Ciao Enzo
Buona sera Pino, in questo blog ( il primo in assoluto comparso in rete) ho inserito tutti i testi cui tengo più di altri, quelli che anche adesso a distanza di moltissimi anni sento profondamente miei. Tiziana viveva in un altro post di tanto tempo fa, lo troverai se avrai la bontà di frequentare questo luogo, Tiziana non c'è più vive solo nel mio ricordo di lei. Da qualche parte rispondendo ad un nuovo interlocutore ho detto che la lettura è scrittura, aggiungo che la lettura è vita, la modifica e influisce anche sulla sintassi scritta. Ti ringrazio del tuo passaggio qui, è ormai un evento rarissimo.
Dietro ogni commento c’è un mistero e una persona ma i commenti non mi hanno mai aiutato anzi sono riusciti a distruggere il mio rapporto con gli altri in questo contesto. Ciò che lasci qui in vista ti definisce come persona.
2 Commenti:
La poesia è sempre rivelatrice dell'anima di una persona. E poi sa anticipare gli eventi, da te sintetizzati con questa immagine davvero potente: "guardare dal ciglio di quell’abisso fu un’esperienza indimenticabile che negli anni è tornata più volte a ricordarmi la fine dentro qualsiasi inizio". Tiziana sta a Enzo, come Constance sta a Cesare. Bella questa tua comparazione.
Ciao Enzo
Buona sera Pino, in questo blog ( il primo in assoluto comparso in rete) ho inserito tutti i testi cui tengo più di altri, quelli che anche adesso a distanza di moltissimi anni sento profondamente miei. Tiziana viveva in un altro post di tanto tempo fa, lo troverai se avrai la bontà di frequentare questo luogo, Tiziana non c'è più vive solo nel mio ricordo di lei. Da qualche parte rispondendo ad un nuovo interlocutore ho detto che la lettura è scrittura, aggiungo che la lettura è vita, la modifica e influisce anche sulla sintassi scritta. Ti ringrazio del tuo passaggio qui, è ormai un evento rarissimo.
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Dietro ogni commento c’è un mistero e una persona ma i commenti non mi hanno mai aiutato anzi sono riusciti a distruggere il mio rapporto con gli altri in questo contesto. Ciò che lasci qui in vista ti definisce come persona.
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