La pagina deve essere bianca e il segno scuro. L'idea deve contenere un sogno che sconfini nella passione, la memoria deve avere il coraggio di esistere. Il blogger deve credere di possedere la scrittura: solo così i segni sulla pagina vivranno più a lungo di lui.
Scrissi molto e a lungo. Inutilmente poi ho atteso risposte che non arriveranno mai.
Scrivo ancora per ricordarmi d’esistere e fermare il suo sapore. Non riuscirò mai a conciliare l’inconciliabile e non c’è più tempo comunque: attraversare tante vite e tanti territori mi ha arricchito e spogliato allo stesso tempo ed io sono siciliano, quando rido ho dietro l’ombra della morte e dell’inutilità, se piango lo faccio di nascosto davanti al mare, l’unico interlocutore assoluto che conosco.
Sono figlio dell’ alta borghesia colta palermitana, cresciuto a pane e letteratura, ad urla e silenzi, a scirocco e nebbie lombarde, a Mozart e beat generation: per lungo tempo ho creduto che fosse possibile vivere tutte queste sinapsi
senza strappare la tela della mia vita. E’ una menzogna. OMOLOGAZIONE NACQUE NEL 2007 questa era il suo incipit e questo il suo template originale. Resterà tale, è una questione di affetto.
La strada mi chiamava da qualche anno, senza troppa insistenza quasi sorniona: sapeva che l’avrei imboccata. Come tutti. Ho giocato con il tempo e i ricordi, scrivevo per questo reale motivo, profondo e pericoloso: cercare un mezzo per adire a una esistenza diversa, un’eternità facile e misconosciuta.
Io scrivevo e nessuno ha mai guardato dietro l’angolo di certi segni, non è una vera colpa, gli interlocutori probabilmente vivono l’identico dramma emotivo. Ma non lo confessano, lo guardano silenziosi pensando di essere soli sul palcoscenico. Elena ha fatto scattare l’interruttore e non lo sapeva, ovviamente le storie personali filtrano pochissimo sull’anima di ciascuno di noi: siamo soli anche nella magia dell’amore o nel suo riflesso. Così mi sono incamminato lungo la mia strada, l’ho dichiarata strettamente personale; sulle spalle l’esistenza passata, esclusiva, privata perché non condivisibile. Decenni di scrittura chiusi al pubblico, gioco eseguito, gioco finito: decenni chiusi dentro un grosso pacco di fogli a parlarsi tra loro, sintassi malinconica di una fede mancata…ma c’è stato quello scatto, un interruttore spuntato dal nulla, un segno o un dito puntato contro la mia incredulità di dire ancora delle mie storie, di confonderle con le vostre perché Elena è certa che “siamo solo storie”.
Non sono solo, Tiziana dai capelli rossi mi ha detto di aspettare un attimo, ha una scarpa slacciata. Mentre se la sistema intravedo le sue gambe magre, poi alza lo sguardo e mi inghiotte nei suoi occhi grigi. Tiziana il nostro cammino è finito alla fine dei 70, credevo fosse così: una normale tragedia per quelli della nostra generazione, un dolore da superare perché a diciassette anni non puoi fermarti a una siringa piena di droga. Mi ripetevi che era un problema solo tuo e io ti gridavo furente che era nostro e ti avrei tirato fuori dal fango, l’ultima volta avevi gli occhi pieni di lacrime e una canzone in sottofondo. La musica suona ancora e tu in qualche modo sei ancora viva con gli occhi grigi, il corpo pieno da adolescente affamata e quegli incredibili capelli rossi che mi fluttuano ancora attorno. La musica che ho cercato di tenere lontana fuoriesce ormai dappertutto: note e volti, curve e movimenti, giudizi e scambi di identità.
L’ho sempre saputo che era un gioco pericoloso questo e che era meglio camminare da solo ma Giusy in silenzio non è d’accordo. Mi ha guidato anche nei decenni a seguire, ci siamo lasciati per modo di dire, per non essere diversi dal mondo che ci circonda, per morire di consuetudini abusate come tutti. Invece guarda la tua bocca, la tua pelle, la tua lingua, il tuo seno vicino e lo struggimento infinito di riaverti subito dopo esserci lasciati, non è possibile dimenticare, dimenticarti, dimenticarci di come fummo e come eravamo vivi contro l’accidia del mondo. Siamo stati graziati amore mio, mi hai salvato tu. E lo sai bene. La strada è lunga mi porterà lontano? Oppure mi avvicinerà alla verità? Quante valutazioni ho sbagliato grossolanamente con quella insopportabile voglia di comandare la mia vita?
Cinzia quando mi prendesti la mano davanti al luccichio del mare del Plemmirio me lo sussurrasti con la tristezza di un formale addio. Ma allora il demone era forte e invincibile, svanimmo noi non la sua traccia. La musica era al femminile come i versi che scrissi dieci anni dopo, come i sogni che non possono morire, la musica era tua, eravamo noi. Elena hai ragione siamo solo storie, raccontarle o meno è solo un’opzione, i suoni restano più a lungo richiamano altre storie e quelle sono di tutti, mie e di Giulia. Sono certo che lei ricorda quella notte… giocare con l’imbarazzo dell’attesa mentre fuori faceva definitivamente sera. Fare l’amore e dentro l’amore trovare una quantità enorme di sesso.
“Ti tocco, mi tocchi, ti prendo mi sfuggi, ritorni mi fermo. Ti guardo mi guardi, entro e esco, il divano si è aperto verso il cielo noi ci anneghiamo dentro. Quella sera sei tornata a casa con me, gioco aperto e, incredibilmente, mi sono comportato con gradevole simpatia, nemmeno una parola fuori posto o un gesto di troppo; quando, un attimo prima di entrare nel portone, mi hai baciato sulla guancia e mi hai sorriso ero ormai finito. Stasera è la stessa cosa ma non devo guardarti in viso: – Non durerà! – è la frase scritta dentro i tuoi occhi un attimo dopo il rush finale. Non è vero, non importa, ci siamo ci siamo stati, quell’amore
è nostro, solo nostro Giulia, l’universo stanotte ci ha già portato via.”
E dunque si vada via per sempre lungo questa strada e queste strade con una musica a galleggiare sopra le nostre vite. E’ un lungo cammino. Grazie Elena.
Dietro ogni commento c’è un mistero e una persona ma i commenti non mi hanno mai aiutato anzi sono riusciti a distruggere il mio rapporto con gli altri in questo contesto. Ciò che lasci qui in vista ti definisce come persona.
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